Marzo 21, 2025 – Marzo 23, 2025
Aquileia
Patrimonio Unesco dal 1998 il complesso abbaziale e archeologico di Aquileia è una delle perle del territorio friulano, luogo di connessione tra Oriente ed Occidente fin dall’antichità.
La basilica rappresenta un complesso architettonico straordinario: nelle sue linee essenziali ripropone l’assetto architettonico voluto dal vescovo (patriarca) Poppone (1019- 1042), che la consacrò nel 1031. Ma le sue origini risalgono al secondo decennio del IV secolo; circa ottant’anni dopo l’epoca del vescovo Cromazio, l’edificio basilicale aveva assunto dimensioni analoghe all’attuale, tranne che per il transetto e l’abside con cripta sottostante. Una fase costruttiva significativa si data all’inizio del IX secolo, al tempo del patriarca Massenzio, che aggiunse il portico di collegamento (originariamente a due piani) con la chiesa dei Pagani, le due strutture aggettanti del transetto e l’abside. La ristrutturazione di Poppone nell’XI secolo comprese il rifacimento della facciata, con la bifora centrale, e dell’abside, con lo stupendo ciclo di affreschi. I colonnati interni di dieci colonne ciascuno furono dotati di nuovi capitelli e venne edificato il campanile alto settantatré metri. Ulteriori interventi furono intrapresi dopo il sisma del 1348.
Il pavimento musivo della basilica, scoperto tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, rappresenta una delle testimonianze più spettacolari del primitivo impianto di culto, voluto dal vescovo Teodoro dopo il 313 d.C.: con i suoi settecentosessanta metri quadrati di estensione costituisce il più grande pavimento musivo dell’Occidente romano. Diviso in quattro campate e dominato dall’iscrizione dedicatoria di Teodoro, esso propone, con le sue allegorie e le sue raffigurazioni non sempre di facile lettura, un percorso ideale verso la salvezza eterna. In particolare la campata orientale è interamente occupata dagli episodi della storia biblica di Giona. Le raffigurazioni attingono al repertorio dei soggetti di genere ampiamente diffuso nella produzione musiva romana: pesci, polipi, conchiglie e volatili sono affiancati a grappoli d’uva, racemi fioriti, cesti e bacili ricolmi di frutti, per evocare, attraverso l’allusione alla ricchezza della natura, un’idea di benessere e prosperità.
La cripta che si trova sotto l’altare maggiore della basilica risale all’epoca del patriarca Massenzio (IX secolo) e venne realizzata per custodire le reliquie dei martiri aquileiesi Ermagora e Fortunato. Sulle pareti si possono ammirare scene di affreschi risalenti al XII secolo che illustrano la leggenda dell’evangelista Marco.
Palmanova
Unico esempio di città ancora intatta nella propria forma di stella a nove punte, Palmanova è uno dei più importanti modelli di architettura militare in età moderna, con la sua pianta formata da tre cerchie murarie concentriche, due realizzate dalla Serenissima Repubblica di Venezia composte da nove baluardi e nove rivellini e una terza, la più esterna composta da nove lunette, aggiunta da Napoleone all’inizio del XIX secolo. Fu realizzata nel 1593 sulla base di una precisa idea progettuale elaborata da un’équipe di ingegneri e trattatisti per rafforzare le difese sul territorio friulano contro le scorrerie dei Turchi e le mire espansionistiche degli Asburgo: un perfetto esempio di fortificazioni “alla moderna” di età tardo rinascimentale. Nel 2017 è entrata a far parte del Patrimonio Mondiale Unesco.
Entrando da una delle tre porte si raggiunge il cuore della città, la Piazza Grande, perfettamente esagonale, su cui si affacciano i principali monumenti: il Duomo Dogale con la sua facciata baroccheggiante, il palazzo del Provveditore Generale, allora simbolo del potere militare e civile, oggi sede del Municipio, la Loggia della Gran Guardia, che ospitava il corpo di guardia a tutela della piazza e del Provveditore, la Loggia dei Mercanti ed infine il palazzo del Monte di Pietà. Dalla piazza si dipartono sei strade a raggiera, di cui tre conducono alle monumentali porte Udine, Cividale e Aquileia, attribuite all’architetto Vincenzo Scamozzi (1605), allievo di Palladio.
Grado
Di origine paleocristiana e fulcro della città vecchia di Grado, la basilica di Sant’Eufemia trasmette un senso di raccoglimento che prevale sulle notevoli dimensioni e sulla preziosità delle opere d’arte. Grazie agli scavi archeologici eseguiti in varie epoche, si sono scoperti luoghi di culto preesistenti all’attuale edificio, tra i quali un’aula di fine IV secolo con probabili funzioni cimiteriali e una basilica della seconda metà del V secolo: la "basilichetta di Petrus". Il duomo gradese, dedicato in seguito anche ai Santi Ermacora e Fortunato, primi martiri di Aquileia e patroni del Friuli, ha una struttura architettonica originale in mattoni ed arenaria: di rara bellezza è il grandioso pavimento a mosaico realizzato al tempo del patriarca Elia nel VI secolo con raffigurazioni geometrico-ornamentali e la decorazione a “pelte”, riproduzione stilizzata dei segni delle onde marine sulla battigia; l’ambone dell’XI secolo presenta rilievi con i simboli degli Evangelisti, mentre il presbiterio è cinto da plutei del VI secolo.
Dalla parte opposta del duomo si accede al battistero che, seppur ripetutamente rimaneggiato, conserva la sua emblematica forma ottagonale oltre a tracce di un bel mosaico pavimentale del VI secolo.
Sebbene di dimensioni ridotte rispetto alla basilica di Sant'Eufemia, Santa Maria delle Grazie non è una chiesa minore e la sua visita è parte integrante dell’itinerario di Grado paleocristiana. L’aspetto esteriore può apparire relativamente semplice, ma la simbolica trifora nella parte superiore della facciata, che venne realizzata con colonnine e capitelli d’epoca romana, è degna di nota. Questa piccola basilica presenta uno sviluppo architettonico insolito per gli edifici di culto cristiani più antichi dell’alto Adriatico; all’interno, infatti, si possono cogliere particolari inusuali e di notevole interesse storico-artistico: secondo alcuni esperti, per esempio, la zona absidale di Santa Maria delle Grazie si richiama a modelli tipici della Siria.
Villa Zileri
Entrando a villa Zileri si ha la sensazione di iniziare un viaggio ricco di fascino, storia e cultura lungo ben seicento anni. Nel 1436 il conte Antonio Nicolò dei Loschi, una delle più importanti famiglie della nobiltà vicentina, acquisì una tenuta di 800 campi nella campagna di Biron, in posizione strategica alle porte della città. Lo sviluppo e il successo dell’attività economica agraria hanno determinato la crescita del complesso edilizio della villa, riferimento e centro dell’intero territorio circostante. Nel 1729 nella storia della famiglia Loschi avvenne un fatto di eccezionale importanza: la Repubblica di Venezia accolse il casato nel Libro d’oro della propria nobiltà. La dimora di Biron fu oggetto di un intervento di riqualificazione e rinnovamento finalizzato all’autocelebrazione e alla promozione della nuova immagine del casato. Fu merito del conte Nicolò l’aver intuito le eccezionali capacità di un pittore emergente, Giambattista Tiepolo, che stava allora cominciando a dare prova del brillante talento che lo avrebbe reso l’artista più famoso e ricercato dalle corti di tutta Europa. Nella villa Tiepolo decora il nuovo salone nobile con dodici affreschi, nei quali la raffigurazione allegorica delle virtù della nobile famiglia prende forma nell’eleganza di imponenti figure, nelle sapienti dinamiche compositive e nella vivacità cromatica di un ambiente dominato dalla luce.
Dopo essere passato nella seconda metà dell’Ottocento alla famiglia Zileri per via ereditaria, in tempi recenti il complesso è stato oggetto di attenti interventi di restauro e recupero ad un uso contemporaneo abitativo e direzionale, realizzati su iniziativa dell’attuale proprietà.
Il parco monumentale che circonda la villa, definito a metà Ottocento sulla base di un progetto dell’architetto milanese Balzaretti, rispecchia i canoni del gusto romantico del giardino all’inglese. L’intervento ottocentesco si è spinto oltre le mura della villa, andando ad interessare vaste porzioni di campagna con la piantumazione di alberi monumentali per creare gradevoli coni ottici di visuale e per dare l’idea di una prosecuzione in lontananza del parco sino al fondale dei colli Berici.
Il sistema costituito dal parco e dalla campagna circostante, mantenutasi pressoché integra sino ad oggi, presenta condizioni particolarmente favorevoli per il costituirsi di un’oasi di eccezionale ricchezza botanico naturalistica e faunistica, ancora di maggior interesse se consideriamo la vicinanza al centro abitato della città di Vicenza. Il conte Alfonso Loschi, alla metà del Seicento, fece edificare e decorare lo stupefacente ambiente della grotta delle conchiglie, nel quale il desiderio di suscitare la meraviglia dell’ospite si intreccia alla celebrazione della ricchezza della tenuta.
Per approfondire
https://www.fondazioneaquileia.it/it/cosa-vedere/basilica
https://grado.it/it/cosa-fare/arte-e-cultura/la-basilica-di-santa-eufemia/
https://www.visitpalmanova.it/
Programma
Venerdì 21 marzo
Ore 8,30: ritrovo dei partecipanti e partenza per Grado. Pranzo libero a Peschiera del Garda
Ore 18: arrivo a Grado e sistemazione presso il Grand hotel Astoria
Ore 20: cena al ristorante dell’hotel
Sabato 22 marzo
Ore 9: partenza per Aquileia. Visita del complesso abbaziale e del sito archeologico. Al termine della visita trasferimento a Palmanova
Pranzo libero
Ore 15,30: visita guidata del cento storico di Grado, con particolare riferimento alla Basilica di Sant’Eufemia e al Battistero
Cena libera
Domenica 23 marzo
Ore 8,45: partenza per Monteviale
Ore 11: visita guidata di Villa Zilieri
Pranzo presso il ristorante Nasturzio annesso alla villa
Ore 15,30: partenza per Torino con arrivo previsto alle ore 20
Quota di partecipazione
Base 20 paganti: 560 € a persona
Base 25 paganti: 500 € a persona
Supplemento singola: 95 €
10% di sconto per i soci del Touring Club Italiano
Le iscrizioni si chiudono il 15 febbraio.